Essere coppia

“La storia ci ha insegnato tante cose ma non quella più importante, come vivere insieme in due nella casa e nella città” (L. Irigaray)

Essere coppia richiede un adattamento creativo, eccitante e rischioso.

Per prima cosa, oggi è cambiato lo sfondo di significati per cui due persone si scelgono. Dal punto di vista storico stiamo vivendo un periodo inedito, numerosi cambiamenti sono intercorsi nei contesti sociali e culturali, aperti alla necessità di condivisione tra maschile e femminile, che abitano insieme la casa e la citta. In seguito al protrarsi dell’aspettativa media di vita, al benessere socio-economico e al decadimento del modello patriarcale di famiglia, oggi a molte coppie è data la possibilità di scegliersi liberamente e di convivere potenzialmente per lunghi periodi di tempo. Vengono nello stesso tempo a mancare modelli storici, sperimentati, su come portare avanti per così lungo tempo e in modo positivo una vita insieme.

Il nuovo modello di famiglia nucleare priva spesso i coniugi/neo-genitori del sostegno economico e dei riferimenti morali ed educativi forniti da un contesto familiare allargato, quale poteva essere la famiglia patriarcale.

L’obiettivo primario, o mandato “sociale” della coppia, con il riconoscimento e la legittimazione che ne che ne conseguono, è passato dalla procreazione e mantenimento del sistema familiare all’autorealizzazione e affermazione personale; il successo della coppia e dei figli è il successo del partner/genitore, il fallimento in ugual misura viene vissuto come una colpa personale.

LA “CRISI” NELLA COPPIA

L’autorealizzazione non sta nella soggettività ma nella relazione: una relazione che forse oggi non è più contenitiva e certa ma che è, sempre e comunque, un intrigante e attraente compito aperto (V. Conte)

Il cercarsi e lo smarrirsi nel rapporto di coppia sono momenti fisiologici, che si alternano come il ritrovarsi e riconoscersi; la crisi “fisiologica” della coppia consiste in altri termini, nel “rompere lo schema affettivo che poggia sul bisogno reciproco, significa permettere una crescita sana nella coppia.

A volte l’emergere più o meno improvviso delle diversità, la difficoltà a comunicare i propri bisogni senza entrare in una lotta di potere, la paura del cambiamento dovuto a eventi della vita (nascita di un figlio, convivenza, lutti o trasferimenti) o a eventi improvvisi e traumatici, le difficoltà nell’educazione dei figli, l’alta conflittualità, possono spingere la coppia ad andare in terapia.

La coppia compie il proprio cammino evolutivo facendo emergere le strutture affettive profonde  o riappropriandosi di modalità relazionali precedentemente tenute nello sfondo.

Come prima cosa, è importante riconoscere e rimandare ai partner la spinta positiva e la possibilità di crescita insista nel cambiamento da rischiare.

La consulenza psicologica di coppia si configura come cammino di crescita personale e relazionale; obiettivo decidere o ri-decidere se esistere o finire. Il professionista deve contestualizzare il problema nella sua unicità; ogni sofferenza assume il proprio significato all’interno di uno sfondo (si può continuare a litigare per la paura di separarsi o di avvicinarsi). Il significato evolutivo-relazionale che sta nello sfondo permette di individuare verso quale percorso la coppia tende.

E’ importante facilitare la comprensione del significato e del compito evolutivo che la coppia stessa deve affrontare nei vari momenti di cambiamento; questo percorso passa dalla consapevolezza delle origini e del percorso evolutivo.

 

Adolescenti oggi

L’adolescenza può essere definita come una fase in cui si manifesta la massima concentrazione di piccoli e grandi cambiamenti, dove irrompono sulla scena temi esistenziali, desideri e paure che rimarranno delle costanti per tutta la vita. Adolescenza come luogo di drammi, di contrari e di contrasti, officina di sogni e di progetti. Tempo in cui emerge la necessità di cambiare e la paura di farlo, la fatica di parlare e il grande bisogno di essere ascoltati.

L’adolescenza non si configura più come un tempo a termine, ma come una concentrazione dei processi di cambiamento che continuano e che interpellano tutto il corso della vita (Melucci, Fabbrini, 2000).

Partendo dal presupposto che identità si struttura quando si riesce a sperimentare sia l’autonomia che l’appartenenza, la crescita si configura come un processo continuo di costruzione, decostruzione e aggiornamento dell’identità. Emerge l’importanza, da parte degli adulti, genitori e non, di acquisire un atteggiamento curioso e disponibile ad apprendere dai giovani, ad ascoltarli con profondo interesse a volergli bene con fiducia e nello stesso tempo a mantenere autorevolezza, a dare suggerimenti, indicazioni e ordini nel rispetto del loro “disordine” e della loro unicità (V. Conte).

Infine, importante sottolineare le nuove scoperte in campo neurobiologico, che dimostrano come sviluppo celebrale ed esperienza si influenzano mutualmente (Kandel, 1998). Come l’espressione genica influisce sul comportamento, così le esperienze sociali influenzano il funzionamento celebrale, la sua struttura, la sua organizzazione.

Le ricerche scientifiche degli ultimi anni hanno messo in luce le notevoli trasformazioni strutturali e funzionali che coinvolgono il corpo e in particolare le strutture celebrali durante l’adolescenza, disconfermando la convinzione in precedenza diffusa secondo la quale lo sviluppo di queste ultime potesse considerarsi terminato all’ingresso della pubertà (Powell, 2006).

Training Autogeno e gravidanza

In un approccio caratterizzato dalla complessità e dall’integrazione imprescindibile tra mente e corpo per il benessere della persona, si configura la possibilità di sostegno e arricchimento che offrono le tecniche di rilassamento in generale, e il #Training Autogeno nello specifico, in quanto capace di promuovere una maggiore “attenzione” e consapevolezza rispetto ai propri vissuti corporei e di incentivarne l’“azione” attiva e l’autogestione.

Questa tecnica può attenuare le oscillazioni degli stati emotivi e agevolare la riduzione di tutti i disturbi della gravidanza che hanno una componente psicologica che può aumentare il malessere percepito, quali nausea, insonnia, irritabilità, anomalie del ritmo cardiaco e respiratorie, sbalzi di pressione, tensione e stanchezza. Essa inoltre può abituare le neo-madri a ridurre o recuperare velocemente il dispendio di energie psico-fisiche, permettendo una maggiore rispondenza alle richieste nel puerperio e nel post-partum.

Dal punto di vista neuro-biologico e ormonale è stato dimostrato come il Trainig Autogeno sia in grado di stimolare la produzione di endorfine e di diminuire l’attivazione del sistema nervoso vegetativo.

Il Trainig in fase di travaglio e parto

La possibilità di rendere la donna “attiva” e partecipe nelle varie fasi del travaglio e del parto è stata la prima importante innovazione che ha caratterizzato l’introduzione dell’utilizzo del Training autogeno secondo il metodo di Schultz, così come di altre tecniche sviluppatesi da esso.

In particolare, tra le più diffuse, è possibile avvalersi del Respiratory Autogenetic Trainig (R.A.T.), nato dalle geniali intuizioni di G.D. Read e sviluppato in Italia da Piscitelli. Lo scopo iniziale con cui nasce questa declinazione dei Training fu quello di creare un condizionamento in cui la respirazione sostituisse il dolore come risposta allo stimolo di contrazione di contrazione; nel Trainig Autogeno Respiratorio elaborato da Piscitelli viene stimolata la capacità creativa delle partecipanti, le quali elaborano autonomamente le proprie fantasie ed istruzioni verbali: le gestanti apprendono, dunque, una tecnica di rilassamento muscolare e psichico che, una volta acquisita, le aiuta ad elaborare autonomamente le proprie fantasie durante il travaglio.

L’importanza del benessere psicologico perinatale

La nascita di un bambino si configura, per entrambi i genitori, come parte del normale percorso evolutivo nel ciclo di vita; in particolare, ogni futura madre, alla quale è chiesto di avviare l’inevitabile “processo di riorganizzazione psichica che la maternità porta con se” (Tambelli, 2012), risulta esposta ad una “crisi maturativa” (Bibring, 1959), che da un lato offre una inestimabile possibilità di crescita e sviluppo olistico della neo-madre ma dall’altro può accentuarne la vulnerabilità individuale.

Numerosi studi, in ambito nazionale e internazionale, rivolgono il loro interesse ai processi psichici e ai cambiamenti emotivi e corporei inerenti alla maternità, mettendo in luce la complessità psicologica di questo particolare momento della vita, in grado di coinvolgere non solo la diade madre-bambino, ma anche il padre e l’intero sistema familiare. Il supporto sociale è stato identificato come uno dei fattori che maggiormente contribuiscono alla qualità delle esperienze nel post-partum. Che esso derivi dal partner, dalla madre o dal contesto sociale allargato, gli studi presi in esame sembrano dimostrare che per la donna sia fondamentale la possibilità di condividere la propria esperienza e sentirsi sostenuta o “contenuta” dalle figure di riferimento, in modo da avere intorno a sé un ambiente di holding (prendendo in prestito il termine di D. Winnicott, 1971) per poter vivere con serenità questo importante momento della sua vita.

Dagli anni ’70 del secolo scorso, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, anche la medicina fetale ha contribuito a chiarire importanti aspetti della relazione tra il feto e la futura madre: come osservato da Piontelli (1987;1992) grazie alle indagini ultrasonografiche, sin dalla gravidanza il feto sembra intrecciare delle relazioni assai complesse con l’ambiente intra-uterino e, dalle prime esperienze sensoriali, è possibile distinguere preferenze e reazioni altamente individuali, evidenziando una continuità di comportamento e di tratti temperamentali tra vita pre e post-natale.